lunedì 31 marzo 2008

Boicottaggio arabe alla cultura




Questa è la mia traduzione d’un articolo da Pilar Rahola pubblicato alla Vanguardia qualche giorni fa. L'immagine l'ho presa d'Internet.
Bravo Pilar! E grazie davvero!!

“Se parliamo d’Israel, nessuna cosa sorprende. Sono tanti gli anni di demonizzarli che molti di noi siamo già blindati. Sembra che la mitica Eretz non ha mai ragione, malgrado soffrire 60 anni già di persecuzione bellica, in forma di guerra diretta o d’attacchi terroristi.
Non è nemmeno accettabile nessuna difenda, sebbene i suoi nemici hanno il solo proposito di distruggerla. E, sebbene il Diritto Internazionale ha guadagno molto in questi ultimi anni, nessun diritto la protegge, assediata per una geopolitica dove le azioni dipendono degli interessi dei paesi arabi. Israel è il paese del mondo più vigilato e più criminalizzato ma, nonostante, quello che soffre più il rischio di soccombere. Affatto, è il solo che potrebbe sparire se i deliri totalitari dell’Iran o del terrorismo yihadista arriverebbero a buon porto. Dicevo, così, che nessuna cosa può sorprenderci, perché è difficile immaginare una inquina più grande contro questo piccolo e torturato paese.
Nonostante, quello che è accaduto nel Salone del Libro di Parigi provoca una profonda desolazione. Qualcuno può immaginare che Libia, dove il suo Presidente ha qualche conti pendenti col terrorismo in Europa, impedisce alla ONU una condanna contro l’assassinato di bambini a una scuola. La vergogna d’una ONU sequestrata per il voto delle dittature islamiche è già una cara tradizione fra noi. Ê anche plausibile immaginare che tanti anni d’occupazione siriana al Libano non importano a nessuno, ma qualsiasi movimento difensivo d’Israel sia considerato un crimine di lesa umanità. Oppure che l’addestramento di bambini palestinesi per convertirli in bombi sia considerato come un atto di resistenza. Oppure considerare a Israel colpevole della povertà di Palestina senza che nessuno domandi dove vanno gli aiuti di miliardi di euro ai palestinesi. Oppure che si compare ai sopraviventi del olocausto con i loro carnefice. Quasi tutto è immaginabile. Ma che gli scrittori arabi fanno il boicottaggio agli scrittori israeliani, in una fiera internazionale, e che il resto degli scrittori del mondo lo considerino normale, questo, mi scusate, supera la mia capacità d’immaginazione. So già che non è la prima volta che la cultura possa il veto alla cultura. Ma quello successo a Parigi è un passo definitivo verso l’avvilimento del mondo intellettuale, un’altra constatazione de quanto triste è la solitudine del popolo ebraico.
¿Dove sono gli scrittori liberi, gli intellettuali che si preoccupano per creare dei ponti di dialogo, i difensori della calabra? ¿In nome di che principio di libertà si può giustificare un boicottaggio alla letteratura israeliana, parte della cui è la più critica del pianeta? Senza dubbio, che i paese come il Yemen, l’Arabia Saudita o l’Iran fanno il boicottaggio al Salone, risulta quasi una bontà morale. Alla fin fine, il disprezzo di queste tirannie per l’intelligenza è la sua principale segnale d’identità. Ma che scrittori arabi riconosciuti non vogliono dialogare con Abraham B. Yehoshua, David Grossman o Amos Oz, e che gli scrittori europei considerino il gesto meritorio d’applauso, è una triste sconfitta del pensamento. Di fatto, una severa sconfitta della palabra dinanzi alla estorsione.
Non mi resta altro che chiedere, se ci mettiamo a fare il boicottaggio ad Israel, che sia sul serio.
Per esempio, che nessun arabe si metta un “stent” se le sue arterie sono otturate, perché lo “stent” è un invento israeliano. Se patiscono schizofrenia, che non usino il metodo inventato per Israel per scoprirla prematuramente. Senza dubbio, che le sue donne buttino via la Eppilady, e che non prendano, per la sclerosi, la diabete, la epatite, qualche tipi di cancro, ecc. i medicamenti che Israel ha inventato dopo la sua nascita. E per essere ancora più conseguenti, che buttino via la penicillina, la streptomicina, il vaccino della poliomieliti, il medicamento contro l’epilessia.... perché sono tutti degli inventi ebraici.
E tutti, quelli che non vogliono parlare con Amos Oz, si guariscono con i medicamenti inventati nel Yemen, nel Iran...”

venerdì 28 marzo 2008

Un po' di ¿politica? ¿o molto senzo d'umore?

Veramente, a volte, ho vergogna d'essere spagnola quando leggo quello che i nostri politici dicono, quando parlano e parlano senza dire niente...
Sarei felice d'avere un politico in Spagna come Sarkozy, o come Mme. Royale, o Angela Merkel,anche come Gordon Brown o Gerry Adams... Ma, allora, ricordo la politica italiana e, subito, per qualche minuti, mi riconcilio con la mia nazionalità.
Il video dal youtube que inserisco cui è un esempio di quello che voglio dire.


Perbacco! Magari potremmo cantare questa canzonetta a classe, col Karaoke... Può essere divertente... ¿no?

domenica 9 marzo 2008

Te recuerdo Amàlia...

Che belli tempi quelli della nostra giovenezza politica... hi hi hi

mercoledì 5 marzo 2008

Manifesto della Birroterapia


Amalia e io abbiamo l‘impressione che quasi nessuno in classe ha capito cosa è la birroterapia e come funziona. Pensiamo anche che ci sono qualche compagni che pensano che noi due siamo quasi delle alcoliche irredente.
Allora, abbiamo deciso intentare spiegare meglio cosa è la nostra terapia, a che cosa serve.
Prima di tutto, dovete sapere che per fare la birroterapia non hai bisogno di bere della birra. Affatto, non hai bisogno di bere niente se non hai sete. Hai solamente bisogno d’avere delle amiche. Ma, queste amiche, devono essere persone con un bel senso dell’umore, gente senza paura al ridicolo, che sa quello che vuole e non ha niente a dissimulare!
La birroterapia, dunque, si pratica tutti i giorni verso le 8 e dura fra 30 minuti e 2 ore. A volte ci sono 2 amiche, a volte ci sono 4, 6 o 20, perché il numero non è importante, ma la qualità. Ci sono amiche d’età diversa, fra i 20 anni e 60, con delle storie diverse, famiglie diverse, come diverse sono i loro amore, la loro intelligenza, cultura, con dei figli o senza, con innamorato o senza... donne diverse con lo stesso oggettivo: fare una pausa.
Questa pausa serve per avere un po’ di libertà per ridere, per criticare, per piangere, per pensare a se stessa dimenticando per qualche minuti tutte le obbligazioni che tutte abbiamo e, sopratutto, serve a imparare come ridere de noi stesse.
Come vedete, la birroterapia non ha niente a fare con la birra. Il Vichy serve anche per farla e i benefici sono gli stessi. Così, non è una terapia costosa né in soldi né in tempo.
Sfortunatamente, l’ingrediente basico per farla, le belle amiche, non è facile di trovare.
Se un giorno la fortuna vi sorrise, le troverai e capirei davvero quello che molti hanno preso per alcolismo. Mentre tanto, Amalia e io continueremo utilizzando questa terapia che ci ha già dimostrato che funziona. E punto.